Che fatica vedere la NFL in Europa
Benvenuto ad una nuova uscita (50/2024) della newsletter di Huddle Magazine.
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Buona lettura!
I biglietti NFL e l’Europa
L’immagine di copertina di questa newsletter è dedicata alle partite internazionali della NFL, quattro su cinque organizzate in Europa. Nei giorni scorsi sono stati messi in vendita i biglietti per la partita di Wembley, delle due a Tottenham e per quella di Monaco di Baviera.
Confermato il sistema della coda, ti metti in fila e speri di essere nei primi 20/30mila al massimo per avere la possibilità di acquistare il biglietto. La domanda è tanta, l’offerta è limitata, ma quello che proprio non digeriamo e vedere come già dai giorni precedenti la vendita ufficiale i biglietti siano disponibili in siti che fanno del bagarinaggio la propria attività principale. Prezzi? Come minimo triplicati se non di più.
Ogni anno riceviamo molte lamentele, più o meno tutte con la stessa domanda: è possibile che la NFL non intervenga per fermare, quanto meno, il bagarinaggio? La risposta è, ahinoi, sempre la stessa. La NFL ha delegato a Ticketmaster la vendita dei biglietti, gli stadi sono pieni, festeggiamo… Anzi, come abbiamo letto negli anni passati, questa voglia di biglietti in Europa è stata utilizzata dalla lega per giustificare lo spostamento di continente delle partite.
C’è poco da fare, inutile arrabbiarsi e farsi il sangue amaro…
Comment-Ale
Alessandro Taraschi ci dice la sua su un argomento prolato senza aver paura di inimicarsi i poteri forti :-) In questo numero: il contratto di Trevor Lawrence e i Jacksonville Jaguars.
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L’angolo del Salerio
La scorsa settimana Trevor Lawrence ha firmato un nuovo, faraonico contratto con i Jaguars, che lo ha reso il giocatore più pagato della Lega insieme a Joe Burrow: 55 milioni di dollari per cinque stagioni e un totale di 275 milioni, dei quali 142 garantiti. I due quarterback sono stati, rispettivamente, la prima scelta assoluta nei Draft del 2020 e 2021 e, pur tra alti e bassi, Burrow in particolare a causa degli infortuni mentre Lawrence in termini di rendimento, hanno messo nero su bianco accordi clamorosi. Che, senz'altro, sono nei progetti e sogni futuri di Caleb Williams, Jayden Daniels, Drake Maye e di tutti quelli che nello scorso Draft hanno occupato le primissime posizioni.
Anche perché i contratti già firmati, o in via di definizione, rispettivamente con Bears, Commanders e Patriots, della consueta durata di quattro anni, sono lontanissimi da quelle cifre: Williams dovrebbe avvicinare i 40 milioni di dollari totali, mentre Daniels e Maye hanno già comprovato l'accordo a 37.7 milioni l'uno e a 36.6 l'altro. La crescita è quasi impercettibile rispetto a quanto accaduto lo scorso anno, quando Bryce Young e CJ Stroud avevano accettato 37.9 e 36.2 milioni da Panthers e Texans. Non si va molto lontani, però, neanche dai rookie contract di Burrow e di Lawrence, del valore di 36 milioni l'uno e 36.8 l'altro. E questo dato è particolarmente sorprendente, perché il salary cap è cresciuto dai 198.2 milioni del 2020 ai 255.4 attuali, con un'impennata di 30 milioni nel giro dell'ultima stagione.
Uno sguardo al passato meno recente, ci racconta di una crescita di oltre il 70% rispetto al contratto da rookie da 22 milioni di dollari di Cam Newton ai Panthers, ma è altrettanto vero che da allora il salary cap è letteralmente esploso, a partire dai 120 milioni dell'epoca. E, se la differenza nei contratti a carriera in corso - come quelli citati in partenza - si vede eccome, non altrettanto si può dire per gli esordienti che approcciano la carriera in NFL. Il salario di base è cresciuto dai 750.000 dollari del 2023 ai 795.000 attuali, ma siamo ancora lontanissimi da quanto accadeva prima del fatidico 2011, quando la Lega introdusse forti limitazioni ai contratti per i rookie, in favore dei veterani. Basti pensare ai 72 milioni per sei stagioni di Matthew Stafford ai Lions del 2009 o al successivo, storico contratto da 78 milioni di Sam Bradford ai Rams. Non ricordatelo a Williams...
(Alessio Salerio in esclusiva per la newsletter)
Huddle Classic in pillole
Nel numero 44 della Newsletter, accennavamo al fatto che, fino agli anni '70, i giocatori NFL avevano la necessità di trovarsi un impiego per la off season, perchè i salari non erano certo quelli di adesso (660mila dollari per un giocatore con zero anni di esperienza), e bisognava pur sbarcare il lunario nei mesi in cui la NFL era ferma e le squadre, ovviamente, non pagavano. In quell'occasione ricordammo di come Bart Starr vendeva pneumatici in off season, ma il simbolo di questi giocatori lavoratori è certamente Roger Staubach, il leggendario quarterback dei Dallas Cowboys.
Con un ingaggio annuale di 25mila dollari nella sua stagione da rookie, Staubach aveva sicuramente bisogno di integrare le proprie entrate in off season, per cui iniziò, una volta finito il campionato, a vendere case per una delle più famose agenzie immobiliari del Texas: la Henry S. Miller.
Dopo qualche anno di apprendistato presso la Henry S. Miller, Staubach decise di mettersi in proprio specializzandosi nella compravendita di locali commerciali, e fu proprio questa la sua occupazione principale anche quando si ritirò dal football, diventando uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti.
Non era così infrequente che le occupazioni temporanee durante la off season diventassero, poi, il lavoro vero e proprio che i giocatori avrebbero svolto una volta appeso casco e paraspalle al chiodo. Fu così per Frank Tripucka, ad esempio. Il quarterback dei Denver Broncos sfruttò alla grande l'apprendistato fatto come lavoro secondario presso un produttore di birra locale per diventare, poi, uno dei più grandi produttori di birra della East Coast, dopo il suo ritiro.
Altri si costruirono una carriera alternativa in altri sport. È il caso del defensive end dei Broncos (ancora loro...) Greg Boyd, che giocava sei mesi a football e negli altri sei mesi si dedicava al wrestling, per poi diventare un wrestler a tempo pieno con il soprannome di Hercules.
Molto particolare la soluzione adottata da alcuni giocatori dei Philadelphia Eagles negli anni '60, che formarono una squadra di basket che, durante la off season, faceva un tour nelle high school giocando partite di esibizione, ovviamente contrattando un ingaggio che spesso consisteva in una percentuale dell'incasso, contro delle squadre di All Star locali.
Al giorno d'oggi molti giocatori continuano ad avere un lavoro secondario da svolgere in off season, ma non si tratta più di occupazioni necessarie ad integrare gli ingaggi, quanto, spesso e volentieri, dei tentativi di investire i soldi guadagnati in attività che possano poi essere lucrative anche in futuro, dopo il ritiro dalla NFL.
(Massimo Foglio in esclusiva per la newsletter)
Huddle Classic è il podcast di Huddle Magazine dedicato alla storia del football americano, potete ascoltarlo QUI.
Dal sito
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Il ruggito della tigre
Ho analizzato nello scorso numero della newsletter come una differenza di riposo aggiuntivo di oltre 6 giorni o di 1 solo giorno non rappresenti un effettivo vantaggio, ma rimaneva in sospeso come influissero i riposi ridotti in caso dei Thursday Night.
Sconvolgere la routine di allenamento naturalmente può creare molte difficoltà alle squadre, ma sarebbe logico aspettarsi un impatto superiore per le squadre in trasferta rispetto a quelle in casa, peccato che i numeri non sembrino supportare questa tesi. Dal 2012 che è stato istituzionalizzato il Thursday Night settimanale, si sono avute almeno 17 partite di giovedì a stagione, ma nell’analisi ho incluso le partite del giorno del Ringraziamento ma non ho tenuto conto di week1 perché non risente di una preparazione accorciata.
Le squadre di casa hanno coperto lo spread nel 50,8% dei casi, quindi si direbbe che non hanno avuto neanche in questa circostanza un vantaggio significativo, ma i valori sono molto variabili passando da un minimo del 40,6% del 2013 a un massimo del 65,6% del 2018. Tale variabilità è rimasta anche negli anni seguenti, come dimostrato dal fatto che nel 2023 le squadre di casa abbiano vinto 10 volte e nel 2022 solo 5; purtroppo il numero di dati è ancora troppo limitato e i risultati sono troppo poco affidabili per poter giungere alla conclusione definitiva che anche un riposo tra 2 e 4 giorni non influenzi le probabilità di vittoria.
Un dato ha però catturato la mia attenzione: esiste una grossa differenza di risultati nelle partite del Thursday Night della prima metà della stagione rispetto a quelli della seconda metà. Nel primo caso le squadre di casa, dal 2019, hanno coperto lo spread il 25% circa delle volte, mentre nella seconda metà quasi il 75%.
Questo trend farebbe pensare che davvero il riposo in una settimana corta potrebbe fare la differenza quando, nella seconda metà del campionato, gli infortuni e la fatica iniziano a farsi sentire, ma è un dato con un campione ancora più piccolo di quelli esposti precedentemente; pertanto, ancora di più da monitorare con la dovuta cautela prima di trarre una conclusione affidabile.
La notizia più rincuorante per i giocatori viene da uno studio dell’Istituto Governativo Nazionale della Salute (NIH), che ha analizzato il numero di infortuni nei Thursday Night rispetto alle altre partite con riposi regolari (6-8 giorni) o maggiorati (>10 giorni) e ha potuto constatare che, addirittura, l’incidenza di infortuni è inferiore, nonostante quanto abbia affermato Drew Brees scagliandosi contro le partite del giovedì nel 2017.
Resta la mia perplessità in merito alla programmazione di 3 partite in 10 giorni sia in termini di potenziali infortuni che in termini di diminuzione di probabilità di vittorie. Dal 2004 al 2023 era capitato solo 9 volte, mentre, nella sola prossima stagione, tale numero verrà raddoppiato con ben 9 partite nel 2024. Anche qui il campione non è significativo, ma nelle 13 gare dal 1990 con queste caratteristiche, solo 4 volte (30,8%) la squadra impegnata in questa striscia è riuscita a coprire lo spread del terzo incontro in sequenza.
Come dimostrato in questa analisi non sempre le sensazioni trovano conforto nei numeri, per cui mai come in questi casi la prudenza è d’obbligo.
(Giorgio Prunotto in esclusiva per la newsletter)
Le T-SHIRT di Huddle Magazine
Finalmente sono arrivate anche le T-SHIRT, sia generaliste che dedicate alle squadre NFL. Trovate tutto QUI.
Analitichiamo
Nell'ultima puntata della newsletter abbiamo affrontato il tema delle tracce corse dai ricevitori. In particolare era stata esaminata la slant. Una traccia che viene eseguita in modo estremamente veloce ed a poche yards dalla linea di scrimmage.
Oggi invece andremo ad analizzare l'uso da parte dei team di quelle tracce che vengono percorse per attaccare il profondo del campo. In questo caso abbiamo raggruppato i dati di tre tipi di route differenti: Go, Corner, Post. I dati sono riferiti alla stagione 2023 e provenienti dalle Next Gen Stats.
Nel grafico sottostante andiamo a vedere, come la volta scorsa, il tempo medio in cui i quarterback hanno rilasciato il pallone e l'efficienza delle giocate tramite l'Epa, suddiviso per squadra.
I giochi presi in considerazione sono completi ed incompleti, magari dovuti anche a passaggi deviati dalla difesa con il quarterback sotto pressione. La differenza di dimensione dei cerchi indica il volume di utilizzo in termini assoluti, pertanto squadre predisposte al passing game avranno sicuramente numeri più importanti. Tra i principali utilizzatori troviamo Miami, Tampa Bay e Dallas, mentre Minnesota, Arizona e Chicago chiudono la classifica.
Sull'asse delle x abbiamo il tempo medio. I Dolphins hanno eseguito in modo più rapido lo schema rispetto alle altre squadre, con un tempo di rilascio medio di 2.5 secondi. I Broncos sono stati tra i più lenti, con tempo di esecuzione di quasi 3.5 secondi. In termini di prestazione sono i 49ers ad aver capitalizzato meglio in queste situazioni, seguiti sempre dai Dolphins e dai Lions. Molto male, addirittura con epa negativa, Cleveland, Arizona e Pittsburgh.
Evidente come al quarterback non serve un tempo infinito per colpire con precisione in profondità, ma come sempre un mix di fattori che coinvolge tutti i componenti della squadra.
(Andrea Casiraghi in esclusiva per la newsletter)
In chiusura
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