Quelle sporche, ultime, 20 yard
Benvenuto ad una nuova uscita (32/2023) della newsletter di Huddle Magazine
In week 6 si è segnato poco come non si vedeva da 5 anni e in generale nelle ultime stagioni le difese sono tornate a dire la loro: dopo sei giornate del 2018 abbiamo avuto 328 TD segnati, nel 2023 solo 245, un calo notevole. In questa newsletter, grazie anche ad un ospite, vi offriamo numeri e ragionamenti per cercare di capire il perchè. Aggiungiamo infortuni, previsioni per il futuro senza dimenticarci che punter are people too!
L’angolo del Salerio
Un tranquillo mercoledì nel pieno della regular season è stato sconvolto dalla decisione di Anthony Richardson: il quarterback dei Colts, scelto con la numero 4 nello scorso Draft, ha deciso di operarsi alla spalla infortunata e di mettere così prematuramente fine alla propria stagione da rookie. Dopo appena 50 lanci completati per 577 yard e 3 touchdown pass, oltre ad altre 136 yard extra e ben quattro viaggi in end zone su corsa, uno tra gli esordienti più attesi - e senz'altro più spettacolari per il poco che ha potuto dimostrare - esce di scena. Non è di certo l'unico, dopo che nell'ultimo paio di settimane la NFL ha collezionato un infortunato di lusso dietro l'altro e, restando in attesa di sviluppi clinici, ha salutato alcuni tra i suoi protagonisti per qualche settimana almeno.
Al pari di Richardson, in Week 5 si è fermato anche Justin Jefferson, uno tra i più prolifici wide receiver della Lega, già a quota 571 yard e 3 touchdown in appena cinque partite. I Vikings dovranno restare almeno quattro settimane senza il suo contributo, in attesa che sia poi rivalutato. A proposito di rookie e a proposito di spettacolo, fuori almeno quattro settimane anche De'Von Achane, runningback dei Dolphins che ha demolito le difese di Broncos, Bills e Giants sotto i colpi di 203, 101 e 151 rushing yard, con un totale di 7 touchdown tra corse e ricezioni. Altri giovani talenti hanno abbandonato la contesa in Week 6, come ad esempio Kyren Williams, runningback dei Rams esploso per 456 yard e 6 touchdown fin qui, che dovrebbe rientrare dopo la settimana di riposo di Los Angeles in Week 11.
Fin qui, però, Dolphins a parte, le squadre citate non sembrano essere nel novero delle contender per una vittoria al Super Bowl. Qualche preoccupazione, invece, tra le tre squadre leader di NFC. Lane Johnson, fondamentale tackle offensivo degli Eagles, proverà a rientrare già per la prossima sfida contro Miami, così come Christian McCaffrey, che ha evitato danni più gravi tra muscolo obliquo e costola, e, al pari dei compagni Deebo Samuel e Trent Williams, dovrebbe giocare il prossimo Monday Night contro i Vikings. David Montgomery, runningback dei Lions, invece, potrebbe saltare un paio di partite per un problema alla cartilagine costale. Infine, sono diverse tra loro le condizioni dei quattro quarterback infortunatisi più recentemente: Jimmy Garoppolo e Trevor Lawrence non dovrebbero saltare alcuna partita, i Bears potrebbero dover rinunciare a Justin Fields almeno per la prossima Week 7, mentre è tutta da valutare, anche considerando gli infortuni passati, la caviglia di Ryan Tannehill.
Tutto questo è accaduto nel giro dell'ultimo paio di settimane, mentre Nick Chubb e Aaron Rodgers già da qualche tempo hanno fatto piangere i tifosi di Browns e Jets.
(Alessio Salerio in esclusiva per la newsletter)
Comment-Ale
Alessandro Taraschi ci dice la sua su un argomento prolato senza aver paura di inimicarsi i poteri forti :-) In questo numero una previsione per le squadre che sono 3-3.
Dal sito
Cronache e rubriche su week 6 NFL le trovate QUI. La NCAA è arrivata a week 7, QUI il riassunto della giornata. Abbiamo un QB italiano nella NFL, giornata dopo giornata ci racconta la sua avventura QUI. I super eroi della NFL moderna li trovate QUI. Se volete saperne di più sui roster delle squadre Profondo Roster è la rubrica per voi, la trovate QUI. Il flag football sarà alle Olimpiadi del 2028, QUI la notizia.
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Il ruggito della tigre
In che percentuale un drive finirà con una segnatura e soprattutto quante volte questa segnatura sarà un TD?
Analizzando una statistica durante una puntata del podcast Scusate il Disturbo, è sorta la curiosità di capire non solo quante probabilità avesse una squadra di segnare quando inizia un drive, ma soprattutto che tipo di segnatura sarebbe venuta fuori, così abbiamo elaborato una tabella che, fino a week 5 di questa stagione ed escludendo i drive finiti con inginocchiamento, considerasse la percentuale di touchdown o field goal segnati a partire dal 2010, per poter valutare le tendenze in atto.
Appare evidente come in questo lasso di tempo le segnature siano aumentate passando dal 33,62% del 2010 al 38,31% di questo inizio di regular season, con un picco toccato nella stagione del COVID in cui gli attacchi sono andati a segno oltre il 40% delle volte. Anche la percentuale di TD messi a segno ha visto un miglioramento nelle ultime stagioni rispetto a quelle di dieci anni fa, ma con differenze meno evidenti e con alti e bassi da una stagione all’altra.
Il dato che invece non conosce diminuzione è quello della percentuale di field goal realizzati, che è costantemente e inesorabilmente aumentato di anno in anno, a dimostrazione del costante miglioramento dei giocatori nel settore e, con l’aumento anche del loro range di azione, ha spinto sempre più squadre a dare fiducia a questo fondamentale per mettere punti sul tabellone.
Approfondendo l’analisi e considerando il trend delle squadre si evince che, dal 2010, il 68% delle squadre che stavano nella seconda metà della lega per percentuale di segnature per drive, ha migliorato il proprio rendimento nell’anno successivo, ma solo il 35% di esse è riuscito ad entrare nella “parte sinistra della classifica” e addirittura solo il 18%, che corrisponde a circa 3 squadre l’anno, nella top 10. Al contrario il 65% delle squadre circa che è nella top 16 vi rimane anche l’anno seguente e solo il 18% di esse finisce tra le ultime 10 della lega in questa statistica.
Questo testimonia che le squadre che raggiungono alti livelli di rendimento tendono a confermarlo anche negli anni successivi, mentre le altre tendono ad avere andamenti più altalenanti.
Ci va pazienza per arrivare al vertice, ma se si è costruito bene si hanno buone possibilità di restarci per molti anni.
(Giorgio Prunotto in esclusiva per la newsletter)
L’ospite della newsletter
Qualche settimana fa, durante Scusate il Disturbo, ci siamo imbattuti in un tweet particolarmente interessante di Warren Sharp, rispettato – ma non sempre rispettabile – analista che ci ha messo davanti una classifica riguardante i drive terminati con un punt o un turnover. I risultati hanno tendenzialmente confermato quello che potevamo aspettarci palesando le difficoltà offensive di squadre come Patriots, Steelers e Bears e, al contempo, celebrando l’efficienza dei vari 49ers, Dolphins e Seahawks.
Tutto così bello? Non proprio, in quanto una graduatoria del genere è inevitabilmente fallace per un semplice motivo: field goal e touchdown hanno un peso specifico ben diverso.
Esempi pratici? Squadra X in una partita conclude ogni drive con un field goal: facciamo che in quella partita squadra X abbia giocato otto drive. Squadra Y, invece, termina quattro drive con un touchdown e quattro o con un punt o con un turnover.
Rifacendoci alla graduatoria proposta da Warren Sharp, squadra X sarebbe campionessa assoluta d’efficienza con una percentuale di drive conclusa con un punt o un turnover pari a zero, mentre squadra Y sarebbe condannata a un mediocre 50%.
Il problema sorge nel momento in cui calcoliamo i punti, in quanto gli otto piazzati hanno fruttato 24 punti a squadra X mentre squadra Y, con i suoi quattro touchdown, ne ha segnati altrettanti – se escludiamo per un secondo gli extra point: se ci fidiamo delle abilità del kicker, squadra Y batte squadra X 28 a 24. Eppure, stando alla graduatoria di Sharp, è squadra X la campionessa assoluta d’efficienza.
Moderatamente scombussolati? Non siete i soli, ma non preoccupatevi che c’è una soluzione: quando i numeri provano a confonderci ci resta solo una cosa da fare, sguinzagliare Giorgio Prunotto.
Il mio amico Giorgio ha brandito la sua Excalibur – leggasi “ha aperto Excel” – e ha confezionato una tabella in cui tiene conto del numero di touchdown, field goal e punti segnati, della percentuale di drive che ha portato a punti, la percentuale di drive spentisi con un mesto turnover e, ovviamente, quella dei drive conclusi con un nulla di fatto. I risultati ottenuti non ci regalano sorprese cataclismiche, ma ribadiscono l’ovvio: non tutti gli scoring drive sono uguali. Occorre precisare che il tweet di Sharp prendesse in considerazione solamente le quattro settimane di gioco mentre Giorgio, stakanovista com’è, tiene presente pure quanto accaduto durante Week 5.
Prendiamo a esempio gli Houston Texans, comodamente nella top ten di Sharp ma fra le poche squadre con una percentuale di drive conclusi con un touchdown sotto la doppia cifra – 9.35%. Volete sapere le altre squadre incapaci di scollinare quota 10%? Falcons, Panthers, Bengals, Browns, Patriots, Saints, Giants, Jets, Steelers e Titans: no, non è la lista degli invitati al simposio sull’inefficienza offensiva. Houston, però, è salvata dall’affidabilità di Ka’Imi Fairbarn e dal mastodontico 35,05% di drive terminati con un piazzato.
Una statistica a mio avviso più precisa e utile è quella che prende in esame i punti per giocata proposta dal sito teamrankings.com: Houston, in questa graduatoria, occupa il sedicesimo posto con 0.344 punti per giocata. Un dato coerente, la necessaria terra di mezzo fra il piazzamento in top ten nella graduatoria di Sharp e il tutt’altro che esaltante 9.35% di drive conclusi in touchdown palesato da Giorgio. Ho preso come esempio i Texans in quanto squadra che interpella un po’ troppo assiduamente il proprio kicker, ma potete sbizzarrirvi corroborando – o smontando – tesi per le altre trentuno squadre confrontando le varie tabelle.
In definitiva non mi sento di bollare come inutile il lavoro di Sharp, è però fuori questione che una graduatoria del genere ben si presti a Twitter/X dove, purtroppo, regna imperterrita la superficialità poiché siamo spinti a saltare a conclusioni prendendo in esame gli estremi di tale classifica. Questa graduatoria ha indubbiamente una propria utilità ma, a mio avviso, deve essere ancillare a un lavoro come quello di Giorgio, non un qualcosa a sé stante dal quale dare vita a discussioni o provare a trarre conclusioni.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questa convoluta marchetta alla Prun8 Analytics.
(Mattia Righetti in esclusiva per la newsletter)
Analitichiamo
In una scorsa puntata della newsletter avevamo visto la tendenza degli head coach di giocarsi il quarto down. Oggi andremo a vedere l'evoluzione della più classica delle opzioni a cui un coaching staff può ricorrere: il punt.
Come ben noto, la tendenza degli ultimi anni di tentare di estendere il drive giocando il quarto down ha tolto spazio ai punter. Nel grafico sottostante possiamo vedere effettivamente di quanto è stata questa riduzione partendo dal 2011 ad oggi.
In senso assoluto ancora più di una volta su due il punter entra in campo, chiaramente in quelle situazioni dove l'attacco non riesce a conquistare molto terreno. E' evidente una costante decrescita dal 2011, che vedeva le squadre ricorrere al punt per il 64% dei quarti down.
A distanza di 10 anni e con l'introduzione delle Next Gen Stats, la situazione è completamente cambiata. L'analisi dell'enorme quantità di nuovi dati in possesso delle squadre ha permesso di elaborare nuove strategie. Nel 2021 abbiamo assistito al valore minimo, con solamente il 54,9% delle volte che il punter è entrato in campo.
Nonostante il minor impiego, assistiamo ad un innalzamento della distanza media coperta dal punt, con il dato inserito nel cerchio bianco. La lunghezza è abbastanza stabile nel corso degli anni con un leggero aumento dal 2020 fino al 2023, momento in cui si vede il punto più alto con un paio di yard guadagnate.
Concludiamo con i cerchi colorati: anche se ricordano un quadro a quattro mani di Seurat e Pollock, indicano la percentuale media di punt anno per anno di ogni squadra. Quest'anno gli Eagles fanno registrare la percentuale più bassa registrata, pari al 37,50%, mentre i Dolphins della stagione 2016 detengono il primato del valore più alto con 76,6%.
(Andrea Casiraghi in esclusiva per la newsletter)
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In chiusura
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