Preseason, training camp e joint practice
Benvenuto ad una nuova uscita (54/2024) della newsletter di Huddle Magazine.
La preseason è iniziata, due partite giocate e ultimo weekend alle porte e i training camp sono in corso. Mai come quest’anno le partite di preseason sono sembrate “inutili”, spesso la troppa differenza in campo tra i giocatori schierati non hanno permesso di poter fare delle valutazioni sul personale. Prendono sempre più piede le “joint practice”, cioè allenamenti condivisi tra le due squadre con scrimmage che vengono ritenuti più utili dagli allenatori. Curiosi di vedere se la NFL troverà un modo per limitarne l’uso per non svuotare ancora di più di significato le partite prestagionali.
Buona lettura!
L’angolo del Salerio
Dal 24 agosto 2019 al 12 agosto 2024 in casa Vikings sono cambiate molte, moltissime cose. Non per forza in meglio, considerando che Minnesota è passata dal Championship del 2017 e dal Divisional del 2019 a non giocare i playoff in tre delle successive quattro stagioni, una sola delle quali conclusa con un record positivo, poi vanificato dall'immediata sconfitta in post-season contro i Giants. In quasi cinque anni, però, la franchigia è rimasta fedele a sé stessa almeno... in preseason! Infatti, i Vikings hanno sempre perso in dieci partite consecutive, sia negli scampoli finali della gestione di Mike Zimmer che nelle prime due avventure di inizio stagione con Kevin O'Connell.
Il field goal da 38 yard del rookie Will Reichard, allo scadere della partita contro i Raiders, ha dunque regalato un successo d'agosto che, per una volta, ha un sapore diverso dagli altri. Neanche il tempo di festeggiare la vittoria, però, che Minnesota è stata travolta dalla peggior notizia possibile. J.J. McCarthy, decima scelta assoluta dello scorso Draft e franchise quarterback designato tra presente e futuro, ha subito uno strappo al legamento del menisco destro ed è stato costretto all'operazione chirurgica, che ha scritto subito la parola fine sulla sua stagione da rookie. Il tutto, dopo aver guidato da protagonista i suoi al successo contro Las Vegas, con un paio di touchdown pass per Trishton Jackson e Trent Sheffield.
Non cambiano le gerarchie per O'Connell, che nella prossima Week 1 avrebbe comunque schierato Sam Darnold da titolare, ma l'inserimento e la crescita del classe 2003 a roster saranno necessariamente rallentati e complicati. McCarthy, per altro, è il primo quarterback scelto tra i primi dieci giocatori al Draft a saltare l'intera stagione da esordiente per infortunio in tutta la Super Bowl era. I Vikings hanno messo sotto contratto il free agent Matt Corral, scelto al terzo giro nel Draft 2022 dai Panthers, anche se, al pari di Darnold, non costituirà una minaccia per il prodotto di Michigan in ottica futura. La possibilità di un'altra stagione fallimentare, senza aver avuto alcun modo di osservare il proprio giovane quarterback al timone, però, metterà ulteriori ansie e pressioni sulle spalle di tutti. McCarthy compreso.
(Alessio Salerio in esclusiva per la newsletter)
Comment-Ale
Alessandro Taraschi ci dice la sua su un argomento prolato senza aver paura di inimicarsi i poteri forti :-) In questo numero: cosa vorrei vedere nella stagione.
Dal sito
Continuano le pubblicazioni delle Preview 2024 delle squadre NFL, quelle già online le trovate QUI. Stiamo cominciando a pubblicare le Media Guide delle squadre NFL, le trovate QUI. Le preview delle Conference NCAA le trovate QUI. Il Guardian CAP ha fatto l’esordio in una partita NFL, QUI il racconto (e molto di più). I Milano Seamen perdono contro i Tirol Raiders, QUI l’analisi della partita con considerazioni sul futuro della ELF, QUI quella di week 13 della ELF.
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Analitichiamo
Nella precedente newsletter abbiamo visto quanti soldi sono stati spesi per ogni franchigia NFL nel reparto difensivo e come questo investimento finanziario si sia tradotto in efficienza sul campo. Oggi invece andremo a vedere quello che è successo l'anno scorso per la parte offensiva.
Per capitale abbiamo preso sempre il cap hit, fornito dal sito overthecap.com, che rappresenta la quota del salary cap destinata ai giocatori offensivi di una squadra. Per l'efficienza offensiva utilizziamo, come sempre, l'Expected Points Added (EPA), che misura l'impatto di ogni giocata sull'aspettativa di punti.
Nel grafico abbiamo sull'asse delle x il cap hit di ogni ogni singola squadra, mentre sull'asse delle y l'epa.
Tra i cap hit più importanti troviamo primeggiare i Detroit Lions con oltre 120 milioni. La linea offensiva è stata la seconda più pagata della lega, oltre ai 27 milioni di Jared Goff. Dietro i Lions abbiamo un gruppetto di squadre comprendenti Ravens, Browns, Chiefs e Broncos. Se per Detroit, Baltimore e Kansas City il ritorno offensivo è stato buono, non possiamo dire la stessa cosa per Cleveland e Denver: la squadra dell'Ohio si portava dietro un impatto pesantissimo del contratto di Watson, mentre i Broncos quello di Wilson.
Tra gli attacchi meno produttivi non possiamo non citare i Patriots, i Panthers e le due squadre di New York. I Panthers sono stati la squadra con meno capitale allocato, sotto i 70 milioni, mentre le altre tre squadre si mantenevano sulla media della lega.
La miglior squadra offensivamente parlando sono stati i 49ers, che, guidati dal genio di Kyle Shanahan, hanno impiegato pochissimo capitale nella scorsa stagione. Nel sistema di San Francisco anche un quarterback, Brock Purdy, scelto con l'ultima pick disponibile, riesce ad esprimersi ad alti livelli impiegando pochissimo cap, circa 1 milione,
Concludendo, anche in questo caso, come per la difesa, possiamo confermare che la relazione tra cap hit e prestazione non è correlata ed un alto cap hit non garantisce necessariamente un attacco di alto livello.
(Andrea Casiraghi in esclusiva per le newsletter)
Huddle Classic in pillole
A chi interessano i risultati della preseason? (hint: a nessuno). La NFL stila classifiche, usa addirittura i tie breaker per dirimere le parità sulle classifiche delle varie divisioni in preseason, ma tutto questo ha davvero un senso? C'è una qualche corrispondenza tra successo in preseason e successo in regular e post season?
La risposta breve è: assolutamente no. La risposta lunga la potete trovare nell'enorme opera di ricerca di Mark L. Ford, che, da pazzo scatenato qual è, ha pubblicato ben due volumi con la storia, i numeri e le statistiche della preseason NFL dal 1960 ai giorni nostri.
Se provate a fare una ricerca anche un po' più approfondita delle quattro parole chiave su Google, vi accorgerete che avere una situazione "All-Time" della preseason per tutte le squadre è un'impresa titanica, perchè sono dati che non vengono aggregati e non interessano a nessuno, tanto più nell'ultima decade, dove si sta affermando il modello secondo cui in preseason i titolari non mettono piede in campo nemmeno per sbaglio.
E allora anche il fantasmagorico record dei Baltimore Ravens, che lo scorso anno persero una partita di preseason dopo 24 vittorie consecutive (e dieci anni di imbattibilità), perde abbastanza senso. È vero che in questi dieci anni i Ravens hanno sempre disputato, poi, stagioni egregie e solo due volte siano finiti con record negativo, ma analizzando casi simili (se non nei numeri, almeno nella tendenza) non troviamo la stessa correlazione tra partite di regular season vinte e successo in preseason. Lo sanno bene i Miami Dolphins della perfect season, che persero tre delle sei partite di preseason, o i Patriots della perfect season mancata per un soffio, che persero due delle quattro gare di preseason.
E se volete sapere quanto ottimismo possa portare una preseason senza sconfitte, potete sempre chiedere ad un tifoso dei Detroit Lions del 2008, quando una preseason perfetta aveva fatto sognare i tifosi blu argento. Quando si svegliarono al termine della regular season, però, il loro record recitava 0-16, e del 4-0 ottenuto in prestagione, ormai non seppero più cosa farsene.
(Massimo Foglio in esclusiva per la newsletter)
Huddle Classic è il podcast di Huddle Magazine dedicato alla storia del football americano, potete ascoltarlo QUI.
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Il ruggito della tigre
Agosto è il mese dei training camp NFL. In attesa che arrivi l’inizio della regular season, ci concentriamo su ogni singolo commento o indiscrezione che trapela dai training camp delle varie squadre per cercare di capire che campionato sarà e quali giocatori sembrano destinati a conquistare i nostri cuori. Anche le partite di preseason sono una boccata d’ossigeno per i tifosi in crisi d’astinenza da football giocato e, nonostante spesso i titolari non mettano piede in campo, molti tifosi riempiono gli spalti degli stadi che fanno le prove generali per l’inizio del campionato.
Quanto sono lontani i tempi in cui, nel 1960, 11.000 tifosi assistevano all’incontro di preseason, nella cittadina di Pendleton in Oregon, tra Dallas Cowboys e Los Angeles Rams, disputato sul campo in cui il giorno prima aveva avuto luogo un rodeo, con conseguenti problematiche al terreno di gioco e l’assenza di spogliatoi strutturati, per cui i giocatori dovettero cambiarsi in aree improvvisate ricavate sotto gli spalti. Anche i training camp erano completamente diversi e i giocatori nonostante si allenassero due volte al giorno per tre settimane e mezzo non erano nemmeno pagati e ricevevano al massimo 50$ per le partite di preseason.
John Madden era solito farli allenare alle 12 per temprarli al sole della California, mentre Don Shula negava ai giocatori la possibilità di reidratarsi durante l’allenamento. Non c’erano giorni di riposo e gli infortuni erano all’ordine del giorno, ma bisognava continuare ad allenarsi finché si riusciva a camminare.
Il vero cambiamento avvenne quando nel 2001 l’offensive tackle dei Minnesota Vikings, Corey Stringer, morì in seguito a un colpo di calore. La NFL da allora ha fatto passi da gigante consigliando ai giocatori di idratarsi correttamente, di togliersi il casco nelle pause e rinfrescarsi con asciugamani e spugne bagnate.
Nel 2011 sono stati regolamentati gli allenamenti con l’obbligo di almeno un giorno di riposo a settimana, è stato definito un programma di allenamento con le attività concesse e quelle vietate e il numero massimo giornaliero di ore di allenamento; è stato permesso un solo allenamento al giorno e sono stati introdotti dei test per il monitoraggio dell’idratazione dei giocatori.
Nel 2019 è stato vietato l’Oklahoma Drill, una battaglia uno contro uno su un’ipotetica linea di scrimmage, che aveva limitato valore tattico ed era odiato da alcuni, ma apprezzato da altri per la durezza e l’aggressività che riusciva a stimolare nei giocatori.
Naturalmente tutti questi cambiamenti sono stati introdotti per aumentare il livello di sicurezza di uno sport che è, per sua natura, pericoloso e aggressivo. Molti storcono il naso rimpiangendo la durezza delle condizioni del passato che “a detta loro” temprava gli uomini preparandoli alle battaglie sul campo. Personalmente ritengo fossero metodi in linea con le convinzioni di quegli anni e quindi non giudicabili al di fuori di quel contesto, ma sono contento che il football stia continuando a evolvere, introducendo sempre più un approccio razionale e professionistico, senza per questo snaturare la sua indole di dover sputare sangue per qualsiasi obiettivo da conquistare.
(Giorgio Prunotto in esclusiva per la newsletter)
In chiusura
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