Siamo in 1000 :-)
Benvenuto ad una nuova uscita (34/2023) della newsletter di Huddle Magazine
Grazie grazie grazie! Nel giro di un anno abbiamo raddoppiato gli iscritti alla newsletter, siamo arrivati al primo traguardo che ci eravamo prefissi: 1000 abbonati all’ultimo prodotto di Huddle Magazine. Abbiamo investito e investiamo tempo per cercare di confezionare ogni volta una newsletter con contenuti interessanti e speriamo di aver soddisfatto, fino ad ora, la vostra sete di conoscenza :-)
Per festeggiare il bellissimo traguardo ecco per voi un numero extralarge della newsletter, buona lettura!
L’angolo del Salerio
Era il 5 gennaio del 1992 quando i Lions, al termine di un Divisional senza storia contro i Cowboys, si guadagnarono un biglietto per il Championship contro i Redskins. La successiva sconfitta contro Washington, poi campione NFL al Super Bowl contro i Bills, diede inizio a un catastrofico periodo di oltre trent'anni, che prosegue a tutt'oggi senza interruzione, senza alcuna vittoria ai playoff. Un primato intoccabile nella Lega attuale, di quasi dieci anni più lungo rispetto al secondo in corso, che vede i Dolphins privi di vittorie in post-season dal 30 dicembre del 2000. Sette sconfitte consecutive ai playoff e innumerevoli stagioni dopo, Motown è tornata a esaltarsi e a credere che, questa volta per davvero, la maledizione potrebbe interrompersi.
I Lions, al momento, hanno il secondo miglior record in NFC, con sette vittorie e due sconfitte, appena una in più degli Eagles. Stando a un modello statistico ideato dal New York Times, hanno il 99% di possibilità di qualificarsi ai prossimi playoff e, soprattutto, di arrivarci come protagonisti. Ad attenderli, infatti, ci sono un paio di sfide contro i Bears, già oggi senza granché da chiedere alla propria regular season, una contro Packers, Saints e Broncos, inferiori a Detroit per quanto visto finora, una alla pari contro i Cowboys e, soprattutto, le due contro i Vikings, che andranno a decidere le sorti di NFC North. Il titolo di Division manca addirittura dal 1993 ed è una possibilità concreta, ma attenzione anche alle sorti di Conference, perché gli Eagles dovranno fronteggiare Chiefs, Bills, 49ers, Cowboys e Seahawks nelle prossime cinque settimane.
Un passo alla volta, però. Il linebacker Alex Anzalone ha detto chiaramente che «l'obiettivo primario è vincere la Division», ma l'head coach Dan Campbell, che ha ribaltato in positivo le sorti di Detroit dal suo arrivo nel 2021, non è ancora soddisfatto e ha parlato di «miglioramenti importanti da fare, per crescere ancora». La dichiarazione più importante, però, dal punto di vista della forza mentale e di squadra, l'ha fatta il quarterback Jared Goff, che sta vivendo una seconda giovinezza agli ordini di Campbell: «Stiamo giocando bene e stiamo vincendo in molti modi diversi. È fantastico, ci sentiamo alla grande». E, in effetti, il 7-2 attuale è in percentuale (77.8%) il miglior record dall'11-3 (78.6%) finale del 1962 e i Lions puntano dritti a migliorare sia l'11-5 (68.8%) del 2014, quando persero poi al Wild Card Game contro i Cowboys, che il 12-4 (75%) del 1991. La stagione di quella maledetta, ultima vittoria ai playoff.
(Alessio Salerio in esclusiva per la newsletter)
Il long form della newsletter: i QB dei Los Angeles Rams
C'è una questione che sta tenendo banco da ormai un paio d’anni a Los Angeles: la gestione dei QB da parte di Sean McVay e Les Snead. È della scorsa settimana la notizia dell’ingaggio, da parte dei Rams, di Carson Wentz, dopo che l’esperimento di Brett Rypien titolare contro i Green Bay Packers ha prodotto danni enormi e risultati disastrosi. La questione non sta tanto nell’opportunità o meno di ingaggiare Wentz, quanto nel chiedersi il perchè di un ingaggio così tardivo.
Quando ad inizio stagione McVay decise di andare con Stafford e Stetson Bennett come quarterback per poi dover tornare sui propri passi a causa dei problemi dello stesso Bennett e richiamare dalla practice squad Brett Rypien, già ampiamente bocciato durante il camp, tanto da non fargli giocare che scampoli della prima partita di preseason, il disastro era già annunciato, e piccolo infortunio dopo piccolo infortunio, abbiamo tutti quanti temuto che arrivasse il momento di dover dare il cambio a Stafford. Quel momento è arrivato durante la partita con i Cowboys, peraltro a risultato ampiamente compromesso. Ma, non contento, McVay ha voluto ostinarsi a dare una partita da titolare ad un quarterback che non è chiaramente in grado di tenere il campo in maniera adeguata. Questo è stato l’ultimo atto di una gestione della posizione di quarterback che ha già dato da pensare fin dal 2020, ultimo anno di Goff a Los Angeles.
Nel 2017 McVay arriva a Los Angeles e si ritrova tra le mani Jared Goff appena uscito da un pessimo anno da rookie con la gentile collaborazione (o complicità) di Jeff Fisher, che ha seriamente rischiato di compromettere fin da subito lo sviluppo di Jared Goff. Tra il 2017 ed il 2019, pur affidando il ruolo di backup a John Wolford e Bryce Perkins, due quarterback diversissimi da Jared Goff, ed a Blake Bortles, fila tutto liscio perchè non c'è bisogno di ricorrere ai backup.
Nel 2020 inizia il patatrac. Goff si infortuna a fine stagione e deve entrare Wolford, che vince in qualche modo la prima partita portando la qualificazione matematica ai playoff. Contro i Seahawks, però, nonostante Goff spinga a gran voce per giocare, Wolford parte titolare, facendosi male quasi subito. Tocca a Goff, che porta a casa il passaggio del turno nonostante il pollice rotto, per poi arenarsi a Green Bay. Nel mentre, i Rams avevano come terzo QB Bryce Perkins, un running quarterback lontano anni luce dalle caratteristiche di Goff. Inoltre, con Goff infortunato, anzichè promuovere Perkins, viene richiamato Blake Bortles. La stagione 2020 porta al divorzio tra McVay e Goff, ed all’arrivo di Matthew Stafford.
Il 2021 è un anno magico, tutto va per il verso giusto, e la questione QB resta in seconda linea, ma nel 2022 riesplode in tutta la sua drammaticità. Infortunato Stafford, tocca a Wolford, poi a Perkins, con scarsi risultati, tanto che viene chiamato Baker Mayfield a concludere la stagione con un contratto da un anno. Ovviamente Mayfield trova un posto da titolare e se ne va a Tampa Bay, seguito a ruota da John Wolford, mentre Perkins è semplicemente lasciato andare.
Siamo al 2023. Oggi, dunque. Senza scelte alte, McVay decide di affidarsi a Stetson Bennett, due volte campione NCAA con Georgia ma con una selva di red flags da far invidia un circuito di Formula 1. Per il camp vengono chiamati Brett Rypien e Dresser Winn. Nessuno degli ultimi due impressiona a tal punto da rubare il posto a Bennett, il quale comincia bene ma finisce malissimo il camp. McVay si affida ugualmente a lui, per il posto di backup per poi metterlo in non football injury list e richiamare Brett Rypien dopo week 1. Come detto in apertura, arriva il momento dell’infortunio di Stafford e tutto il fragile castello di carte crolla.
È chiaro come da diverse stagioni i Rams non abbiano una vera e propria strategia nel caso il quarterback titolare si infortuni. La cosa è già di per sè grave, ma diventa imperdonabile quando il tuo quarterback titolare è un veterano di 34 anni, con una carriera costellata da infortuni alle spalle ed uno stile di gioco che richiama, più che evitare, le possibilità di farsi male.
La gestione della posizione di quarterback a Los Angeles è demenziale, seconda forse solo alla gestione della posizione di kicker, ma McVay e Snead non sembrano imparare dai loro errori.
Wentz sarà solo il backup di Stafford, che dovrebbe rientrare contro Seattle dopo il bye, ma il suo ingaggio è stato ancora una volta, tardivo, ed essendo limitato ad una sola stagione, tutti i punti interrogativi per la prossima stagione restano apertissimi. Stafford ha ancora due anni di contratto: li onorerà o seguirà il consiglio della moglie ritirandosi? Bennett tornerà? E in che condizioni? I Rams spenderanno la loro prima scelta per un quarterback sapendo di dover prima sistemare definitivamente la propria Offensive Line? Verranno fatti dei ragionamenti sensati, o si vivrà alla giornata come si è fatto fino ad ora con i risultati che tutti vediamo?
(Massimo Foglio in esclusiva per la newsletter)
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L’ospite della newsletter
Di quando in quando, nel football americano si torna a discutere dell’opportunità o meno che alcuni degli assistenti dell’head coach svolgano il proprio lavoro dalla tribuna durante le partite. Il caso più recente è quello di Matt Canada, offensive coordinator dei Pittsburgh Steelers che Mike Tomlin ha voluto spostare dal boot alla sideline per migliorare le prestazioni offensive della squadra della Pennsylvania.
Questa soluzione ha infatti reso diretta la comunicazione col quarterback Kenny Pickett, oltre al fatto che, quando in campo c’è la difesa, Canada può essere più vicino ai suoi ragazzi dell’attacco, aiutandoli direttamente a correggere eventuali errori verificatisi nei drive precedenti.
È dunque questa la soluzione migliore? Avere gli assistenti vicini all’head coach? La maggior parte delle franchigie la pensa così, ma non tutte se è vero che (almeno restando ai coordinatori dell’attacco) Press Taylor (Jaguars), Ken Dorsey (Bills), Mike Kafka (Giants) e Todd Monken (Ravens) lavorano dalle tribune. E nessuno può dire che le chiamate di Jacksonville, di Buffalo e di Baltimora non stiano funzionando (o quasi visto il recente licenziamento di Dorsey…).
Dall’alto la comunicazione è più lenta (dall’OC ad un altro assistente sulla sideline fino al casco del Qb) ma si ha il vantaggio di vedere meglio il campo, grazie ad una visuale più completa.
Nel calcio, anche se è uno sport con minori fasi statiche (e quindi meno pause per intervenire con correzioni) si sta di recente verificando qualcosa di simile. Alcuni assistenti dell’allenatore infatti (per lo più analisti) vanno a schierarsi in tribuna per dare da lì dei suggerimenti alla panchina, dove c’è un uomo che li riceve tramite cellulare o auricolare.
La foto che postiamo qui sotto è tratta da una partita della Roma in Europa League. Si vedono assistenti di José Mourinho (allenatore portoghese dei giallorossi) dotati di portatile per seguire la partita e, verosimilmente, per gestire i dati in tempo reale che ormai anche nel calcio arrivano numerosi.
Non è raro che gli analisti presenti in tribuna si rechino nello spogliatoio all’intervallo fra il primo e il secondo tempo, per comunicare al tecnico alcuni di questi dati o situazioni tattiche particolari osservate nei primi quarantacinque minuti di gioco. A volte poi questi stessi analisti scendono nello spogliatoio qualche minuto prima della fine del primo tempo per preparare situazioni video estrapolate dalla prima parte di gara, così da farle vedere immediatamente alla squadra.
Col calcio che sta diventando sempre più complesso, gli staff dei tecnici nei top club sono aumentati, arrivando anche a dieci assistenti che un tecnico si porta dietro quando firma per una nuova squadra. Tutto ciò, unito alla possibilità di avere in tempo reale dati e info di tipo quantitativo sull’andamento dell’incontro (come avviene nel caso di Virtual Coach) sta in qualche modo facendo avvicinare il calcio al football americano.
Una evoluzione necessaria e auspicabile, data la già citata maggior complessità del gioco moderno, che non elimina il lato artistico del calcio, ma va a completarlo con una parte analitica.
(Michele Tossani in esclusiva per la newsletter)
Michele Tossani. Tifoso Bengals, primo Super Bowl visto nel 1991 (sì, quello del field goal sbagliato dai Bills). Lo leggete in giro e anche sulla sua newsletter Il Palo di Rensenbrink.
Dal sito
La NFL ha vinto la sua scommessa a Francoforte, QUI vi spieghiamo perchè. Cronache e rubriche su week 10 NFL le trovate QUI. La NCAA è arrivata a week 11, QUI il riassunto della giornata. Abbiamo un QB italiano nella NFL, giornata dopo giornata ci racconta la sua avventura QUI. Se volete saperne di più sui roster delle squadre Profondo Roster è la rubrica per voi, la trovate QUI.
Il ruggito della tigre
Mentre nei commenti di molti tifosi italiani e non impazzano le critiche contro gli arbitraggi scadenti di questa stagione, io preferisco soffermarmi sull’andamento delle flag di questa prima metà di campionato rispetto a quello delle 9 stagioni precedenti per analizzarne le tendenze.
In questa tabella riepilogativa ho sintetizzato l’andamento delle varie penalità suddivise per anno e tipologia, andando a considerare solo la stagione regolare e non considerando le penalità declinate e annullate per doppia infrazione. I valori del 2023 sono naturalmente delle proiezioni a fine stagione dei valori a metà regular season.
Dalla prima macroanalisi che interessa n° e yard concesse si vede come i valori sono in linea con la media degli ultimi 10 anni. Considerando le diverse tipologie di penalità si vede come quelle offensive sono maggiori di quelle difensive, in particolar modo le due voci che da sole concorrono al 30% circa del totale sono le false partenze e gli holding offensivi.
Mentre per quest’ultimi mi aspettavo un valore più elevato vista la natura del gioco e il sempre crescente focus delle squadre nell’andare a raggiungere il QB nel minor tempo possibile, non credevo che i meccanismi QB-OL fossero spesso così lacunosi, in particolar modo constatando che questi valori sono in costante crescita negli ultimi anni. Se attribuire questa inefficienza al maggior impiego di rookie QB o al crescente frastuono generato dal pubblico (da notare infatti che l’anno del COVID questi valori sono stati i minori del decennio) non è facile da stabilirsi, ma è sicuramente un dato che merita attenzione. Analogamente i fuorigioco della linea difensiva sono tornati a crescere sensibilmente, in questa prima metà di stagione, rispetto all’ultimo lustro, per alcune delle ragioni sopra descritte. In notevole aumento sono anche i contatti illegali e le interferenze su passaggio dei difensori, a conferma di una tendenza accentuata negli ultimi anni che tende a tutelare maggiormente il gioco offensivo rispetto a quello difensivo.
Un dibattito molto acceso è sorto in questi ultimi anni riguardo alla penalità di roughing the passer, con molti sostenitori della tesi che gli arbitri e la lega stiano tutelando troppo i quarterback ai danni dei defensive lineman. I numeri ci dicono che sia in quest’anno che nei precedenti quattro, il numero di penalità fischiate è inferiore rispetto alla prima metà dell’ultimo decennio, a dimostrazione che, anche se alcune decisioni sono sembrate davvero troppo protezioniste nei confronti dei QB, in linea generale i difensori si sono ben adattati alle nuove direttive modificando la loro tecnica di placcaggio.
Come sempre i numeri non dicono tutto, ma ci aiutano a capire che a volte le nostre sensazioni sono errate e guidate dall’irrazionalità, promemoria che personalmente mi è molto utile quando durante le partite penso che chiunque tocchi Joe Burrow commetta a prescindere roughing the passer!
(Giorgio Prunotto in esclusiva per la newsletter)
Comment-Ale
Alessandro Taraschi ci dice la sua su un argomento prolato senza aver paura di inimicarsi i poteri forti :-) In questo numero le squadre promosse e bocciate a metà stagione.
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Analitichiamo
La delusione che si prova quando finita un'azione si vede sul teleschermo una flag è una delle più grandi. Soprattutto se viene lanciata dopo aver convertito un terzo down o addirittura essere riusciti a segnare un touchdown con la partita in parità.
Il senso di frustrazione provocato dal dover rifare tutto da capo colpisce tutti. Ma non tutte le penalità generano queste sensazioni nello stesso modo.
Per tentare di dare un peso all'incidenza delle singole penalità che ogni squadra ha ricevuto utilizziamo come sempre l'EPA. Nel grafico sottostante si trova una suddivisione dell'epa media persa da ogni singolo attacco sull'asse x e quella concessa dalle difese sull'asse y.
A sinistra troveremo gli attacchi che si sono visti vanificare dei giochi più importanti. In maniera simile lo stesso principio viene applicato per le difese che si trovano nella parte alta del grafico.
A questo punto possiamo analizzare i risultati di queste prime 10 giornate. Si può notare come a livello offensivo sono Eagles, Dolphins e Colts che beneficiano di penalità chiamate in situazione poco influenti. Dalla parte dei "cattivi" invece troviamo i Rams, Commanders e Lions.
Sull'altro lato del pallone è la difesa dei Chargers a doversi mangiare le mani, seguita da quella dei Raiders e dei Titans. Tra i reparti difensivi più virtuosi invece ci sono i Packers, 49ers e Buccaneers.
Ovviamente l'impatto davanti al teleschermo potrebbe essere differente, in quanto non abbiamo un valore totale dell'epa, il quale necessiterebbe di prendere in considerazione anche la quantità di flag ricevute.
(Andrea Casiraghi in esclusiva per la newsletter)
In chiusura
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