Il calendario della stagione NFL
Benvenuto ad una nuova uscita (73/2024) della newsletter di Huddle Magazine.
La NFL ha comunicato il calendario della stagione 2025, 272 partite di regular season più le date dei playoff. Su Huddle Magazine trovate tutto quello che c’è sapere comprese le date delle partite europee. Da oggi in poi potremo dedicare le nostre attenzioni ai campi da gioco ;-)
In questo numero della newsletter il racconto della prima esibizione europea della NFL, le trade al Draft, qualche considerazione sulle International Series e la distanza che percorreranno le squadre nella prossima stagione.
Buona lettura!
Huddle Classic in pillole
Martedì scorso sono state annunciate le partite delle cosiddette "International Series", cioè le partite di regular season che la NFL disputa all'estero. Le International Series come le conosciamo oggi vengono da lontano, molto lontano.
Parigi, 27 maggio 1972: Una data che, per gli appassionati di football americano, segna l’inizio dell’internazionalizzazione del gioco a stelle e strisce. Per la prima volta, la National Football League mise piede ufficialmente in Europa con una partita dimostrativa tra due squadre di All-Star, gli “NFL Rouge” e gli “NFL Bleus”, nel cuore della capitale francese. L’evento si trasformò in uno spettacolo unico, un mix tra cultura americana, sport e curiosità tutta parigina. Davanti a circa 8.000 spettatori, molti dei quali incuriositi più dal “folklore” che dalla conoscenza tecnica del gioco, il campo si animò con due squadre composte da 41 giocatori NFL, tutti veri protagonisti del football anni ’70. Non era una partita ufficiale, certo, ma lo spirito agonistico non mancava. Gli NFL Bleus, guidati da una difesa coriacea e da un attacco sorprendentemente efficace, si imposero per 16 a 6 sugli NFL Rouge. Ma più del punteggio, fu l’atmosfera a rendere indimenticabile quella giornata. Bande musicali in stile college, cheerleader, e un pubblico che si trovava per la prima volta davanti a caschi, placcaggi e huddle, fecero da contorno a una dimostrazione in grande stile.
Tra i protagonisti più attesi c’era Bob Hayes, wide receiver dei Dallas Cowboys e unico atleta ad aver vinto un oro olimpico (nei 100 metri a Tokyo 1964) e un Super Bowl. La sua velocità lasciò il pubblico francese a bocca aperta. Non meno impattante fu la presenza del leggendario Merlin Olsen, defensive tackle dei Los Angeles Rams, parte della celebre "Fearsome Foursome". La sua statura imponente e la sua calma da veterano fecero da contrasto con il frenetico entusiasmo parigino. Il kicker Jan Stenerud, uno dei pochi specialisti di origini europee (norvegese, per la precisione), fu una delle attrazioni principali per i media locali. Il suo stile “soccer” incuriosì i giornalisti francesi, che trovavano in lui una connessione familiare con il calcio tradizionale. Anche Dan Pastorini, giovane quarterback degli Houston Oilers, lasciò il segno con alcuni lanci profondi che deliziarono gli spettatori e diedero ai Bleus il controllo del ritmo gara. Menzione speciale anche per Jim Kiick, running back dei Miami Dolphins, fresco protagonista del Super Bowl VI.
Uno degli aneddoti più raccontati è legato alla confusione del pubblico per le regole: spesso applausi scroscianti seguirono i punt, che vennero scambiati per calci in touche vincenti. I telecronisti francesi ebbero il loro bel da fare a spiegare l’essenza del "down system", paragonandolo a una “battaglia a scacchi con esplosioni atletiche”. La sera dopo l'incontro, molti dei giocatori furono ospiti d'onore in locali e bistrot parigini, con foto che li ritraggono sorseggiando vino rosso e provando a ordinare escargots con accento texano.
Quella partita fu più di un’esibizione: fu il primo vero test dell’interesse europeo per il football americano. Negli anni successivi, la NFL organizzò altri eventi internazionali, fino a creare la World League of American Football, poi la NFL Europe e, più recentemente, le International Series che porta ogni anno squadre in Inghilterra, Germania e, da quest'anno, in Spagna. Ma tutto cominciò lì, a Parigi. Sotto un cielo primaverile, tra caschi scintillanti e un pubblico perplesso ma affascinato, gli NFL Rouge e gli NFL Bleus scrissero una pagina dimenticata ma fondamentale della storia del football.
(Massimo Foglio in esclusiva per la newsletter)
Huddle Classic è il podcast di Huddle Magazine dedicato alla storia del football americano, potete ascoltarlo QUI.
Il ruggito della tigre
Una offseason particolarmente piatta ci permette di soffermarci ancora un poco sul draft e mentre i tifosi macinano ore di all 22 per analizzare i prospetti arrivati dal college, mi permetto di fare una riflessione sul numero esorbitante di trade che lo hanno caratterizzato.
Partiamo dalla considerazione che era il primo draft dell’era recente in cui tutte le franchigie avevano mantenuto una pick al primo giro, ma, nonostante questo, 137 pick sono state frutto di una trade: 6 al primo giro, 15 al secondo, 20 al terzo, 18 al quarto, 28 al quinto, 27 al sesto, 23 al settimo. Questo vuol dire che il 53% delle scelte, quindi più della metà, sono state, ad un certo punto, oggetto di una trade. Naturalmente la maggior parte sono avvenute in un periodo antecedente al draft, ma 34 sono avvenute in concomitanza a dimostrazione di un trend in consolidato dal momento che negli ultimi 3 anni ce ne sono state 104 nei 3 giorni deputati alla scelta dei giocatori dal college.
Il perché non è di facile investigazione; io personalmente credo sia frutto del continuo ringiovanimento dei General Manager che effettuano molti scambi per “farsi vedere sicuri” dai proprietari che li hanno scelti. Ad esempio, la mossa che ha portato il GM dei Jacksonville Jaguars, James Gladstone, che con i suoi 34 anni è il più giovane nel ruolo in NFL, a fare trade up per salire dalla 5 alla 2 e andarsi ad accaparrare il WR/CB Travis Hunter, sacrificando la prima scelta del prossimo anno, mi è sembrata un vero azzardo. Nessuno ha dubbi sul valore del prospetto preso, ma normalmente quelle sono operazioni che si fanno per dei franchise QB, non per giocatori il cui valore apparentemente non sembra così drasticamente superiore al prospetto che sarebbe stato preso poche posizioni dopo. Non so se Gladstone sia stato influenzato dalla statistica che ha visto fare trade up al primo giro più di una volta negli ultimi 5 anni alcune delle migliori squadre NFL come Chiefs, Bills, Eagles, Lions, 49ers a cui bisogna aggiungere i Minnesota Vikings che hanno chiuso la scorsa stagione con un ottimo 14-3 e i Jets che rappresentano la classica eccezione che conferma la regola.
Un veterano come Nick Caserio, Houston Texans, ha fatto ben 7 scambi di pick il giorno del draft e addirittura, negli ultimi 4 anni, 31 pick effettuate su 36 derivavano da altre squadre. Analogamente 8 delle 10 scelte degli Eagles fatte da Howie Roseman sono state frutto di trade. E i miei Bengals? Immobili da due anni come delle statue. Questo perché poi ci devi convivere con le tue mosse e l’ultima volta che è stato fatto un trade down a Cincinnati ci siamo ritrovati con Carman, mentre i Patriots alla nostra posizione hanno avuto la bravura di scegliere Christian Barmore.
Ovviamente noi tifosi saremo sempre pronti a rinfacciare ogni pick sbagliata, ogni giocatore passato in caso di trade down e ogni giocatore che avremmo potuto prendere al posto di quello che è stato scelto in trade up. Il draft non è una scienza esatta… tranne per noi che lo commentiamo con il senno di poi!
(Giorgio Prunotto in esclusiva per la newsletter)
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Dal sito
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Comment-Ale
Alessandro Taraschi ci dice la sua su un argomento prolato senza aver paura di inimicarsi i poteri forti :-) In questo numero: le International Series NFL, commento e prospettive.
L’angolo del Salerio
Ora che il calendario NFL è stato definito nella sua interezza, il conto alla rovescia è cominciato: si parte con il Thursday Night del 4 settembre tra i Cowboys e gli Eagles, laureatisi campioni nello scorso Super Bowl contro i Chiefs, che saranno invece impegnati nella partita di Natale contro i Broncos. Al di là dei tantissimi incroci d'interesse nelle 18 settimane, è di grande interesse l'analisi condotta da Bookies.com, che riguarda gli spostamenti delle singole squadre nel corso delle regular season.
Il totale complessivo parla di oltre 1 milione di chilometri percorsi, una media di oltre 30.000 per squadra, con Chargers, Rams, Seahawks, Jaguars, 49ers e Falcons che copriranno una distanza superiore a quella necessaria per volare intorno all'intero mondo. Partendo proprio dai Los Angeles Chargers, la cifra è da record: più di 37.000 miglia, quasi 60.000 chilometri in totale, a partire da una golosa Week 1 fissata per venerdì 5 settembre a San Paolo in Brasile contro Kansas City. Al secondo posto, poco sopra i 55.000 chilometri, ci sono i Rams, che saranno impegnati in una delle sfide in programma a Londra, contro i Jaguars, habitué della capitale britannica. A chiudere il podio, unici altri sopra le 30.000 miglia, sono i Seahawks.
Ai primi posti si trovano normalmente le squadre della West Coast a stelle e strisce, in quanto in netta minoranza rispetto a quelle localizzate sulla costa a Est. L'unica eccezione tra le prime cinque in graduatoria è proprio Jacksonville, al quarto posto con più di 46.000 chilometri, ammassati tra la consueta trasferta londinese e quattro viaggi a Ovest tra Broncos, Cardinals, Niners e Raiders. Assurdo, però, che alle 37.086 miglia dei Chargers si accompagnino le sole 8.753, poco meno di 15.000 chilometri, dei Bengals, che sono quasi 2.000 in meno rispetto a Bills e Ravens a precedere. Sotto i 20.000 chilometri da percorrere ci sono anche i Lions, mentre tra i 25.000 degli Steelers e i 45.000 dei 49ers ci sono praticamente tutte le restanti squadre di una NFL che non baderà... a spese, consumi e chilometri da percorrere.
(Alessio Salerio in esclusiva per la newsletter)
In chiusura
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